Primit pentru publicare: 3 sept. 2017
Interviu
Autor: Tudor PETCU
Publicat: 4 sept. 2017
Editor: Ion ISTRATE
1) Le chiederei innanzitutto di dirmi come era Lei dal punto di vista spirituale prima della sua conversione all’Ortodossia. Cosa lo ha deluso nel mondo cristiano in cui Lei è stato cresciuto?
Sono cresciuto in una famiglia tradizionale cattolica; scrivo „tradizionale” perché, in realtà, la fede non era davvero vissuta. L’unico membro della famiglia che frequentava assiduamente la parrocchia, e che prestava servizio come organista, era uno dei miei cognati, e grazie a lui mi sono avvicinato alla fede. Sin da molto piccolo, ho sempre avvertito la cosiddetta „vocazione”, il desiderio di servire il Signore; infatti, a sedici anni, ho lasciato la mia famiglia e sono entrato in un convento francescano della Sicilia, dove ho trascorso nove anni di vita monastica e discernimento, in preparazione al sacerdozio. Ero, in quel periodo, abbastanza sereno, felice della mia decisione. La mia fede era semplice, sincera, e non mi ponevo alcuna domanda nei confronti della mia chiesa.
Ma, crescendo e studiando, iniziai con il tempo ad avere dei dubbi. Non sulla mia personale fede o vocazione, ma proprio sulla dottrina cattolica, su molti punti chiave del cattolicesimo (primato papale, filoque, storia di alcuni dogmi, la messa, e altri). Entrai in uno stato conflittuale, per me angosciante, perchè non ero più così certo degli insegnamenti della chiesa cui stavo dedicando la vita.
Decisi, all’età di ventisette anni, di prendermi una pausa di riflessione: uscii per un anno dal convento. Ritenni che allontanarmi, in quel momento, fosse la scelta migliore. Dedicai quell’anno alla ripresa dei miei studi teologici, sperando che ciò potesse aiutarmi a fare chiarezza: scelsi, anche per questo, la facoltà teologica valdese di Roma, per ricevere un’istruzione che affrontasse la teologia da „un’altra campana”, che potesse fornirmi un metro di paragone con tutto ciò che avevo appreso.
Studiai lì per tre anni; trascorso quel periodo, mi allontanai perché, a quel punto del percorso, la strada conduceva spedita al pastorato valdese, e non era mio desiderio. Mi fu comunque molto utile e, trascorsi quegli anni, nonostante fossi ancora alla ricerca di chiarezza e del „mio posto”, avevo già preso la ferma decisione di lasciare la chiesa cattolica, perché avveo compreso che non era la giusta strada. Non avevo ancora fatto esperienza dell’Ortodossia, ma tutto ciò mi stava preparando a quell’incontro, creando le giuste condizioni, se così possiamo dire.
2) Come descriverebbe Lei il suo incontro con l’Ortodossia e apprezzerei moltissimo se potesse dirmi quale fu la grande novità che ha scoperto nella Chiesa Ortodossa? Si potrebbe parlare anche di una sua rinascita spirituale nel mondo ortodosso?
Nello stesso periodo, continuando a vivere a Roma, ebbi il mio primo contatto con la Chiesa Ortodossa. Alcuni amici russi che vivevano lì, una domenica, mi proposero di andare insieme a loro alla Divina Liturgia: accettai, incuriosito, perché avevo incontrato nei miei studi la Chiesa Ortodossa, ma non avevo mai fatto il passo di visitarne una. Ricordo che, per tutta la durata della liturgia, mi colpirono tante cose: l’incenso, le molte candele accese, le icone che riempivano la chiesa, i canti meravigliosi (così diversi da quelli a me noti, con tamburelli e chitarre!), ma soprattutto i fedeli. Il loro atteggiamento mi colpì moltissimo, perché fu una dimostrazione lampante delle differenze con il mondo cattolico che conoscevo: nessuno guardava mai l’orologio, nessuno si distraeva, nno c’erano sedie, tutti ascoltavano in piedi, perfino le persone più anziane e i bambini. La loro preghiea e partecipazione mi entrò nel profondo, e non mi chiesi nemmeno per un istante come mai fossero così coinvolti, perché era lampante, tutto in quel momento parlava del Divino. Quando il sacerdote, un monaco dalla barba lunghissima, aprì le tende, rimasi ancor più stupefatto: la luce entrava da una finestra dietro l’altare, illuminando tutto in modo mai visto, compreso il monaco, che mi sembrò un angelo.
Nulla di simile avevo mai trovato nella chiesa cattolica. Dalla comunione all’antidoron, dall’inno cherubico alle benedizioni, tutto era totalmente diverso da ciò che avevo conosciuto.
Uscii dalla chiesa molto pensieroso. Da quel momento, iniziai ad approfodire: comprai libri, mi documentai su internet, cercai testi e fonti da cui approfondire lo studio delle icone. Frequentai altre liturgie alla chiesa russa, anche se non comprendevo assolutamente nulla della celebrazione a causa della lingua.
Spiritualmente, mi sentivo svuotato da tutto ciò che avevo conosciuto. Sentivo un nuovo stimolo, una nuova spinta: imparai tutte le preghiere che riuscì a trovare su internet, comprai un komboskini, e le mie prime piccole icone. Sentii anche rifiorire, in una luce del tutto nuova, la mia vocazione, sempre presente, ma ovviamente messa da parte a causa del mio cambiamento.
3) Qual è per Lei il più importante signifiato della Liturgia Ortodossa? Le chiedo anche di spiegarmi come intende Lei la solennità della liturgia ortodossa dalla quale sono colpiti tanti occidentali che si sono convertiti all’Ortodossia?
La Divina Liturgia è il centro della vita del cristiano. La partecipazione ai divini Misteri di Cristo, l’unione in fede e amore che sperimentano sacerdote e fedeli, questo è il senso della Liturgia. Non c’è nulla di simile nella chiesa cattolica, il cui rito si è trasformato, nella maggior parte dei casi, in stentorea routine.
Ciò che, a mio avviso, colpisce i fedeli cattolici che assistono a una liturgia ortodossa, è proprio la sua essenza: il senso del Sacro, la sua imponenza, che loro hanno perduto. Nella Liturgia c’è la presenza viva dello Spirito, i santi angeli sono presenti alla celebrazione, i Santi tutti sono misticamente con noi. É tutto questo che avvertono, come è stato per me in quella prima liturgia: è la riscoperta dell’origine della nostra cristianità, nella sua massima espressione.
4) Vista la sua conversione all’Ortodossia, potrebbe dire che Lei è ora un testimone della fede ortodossa, della retta fede, in Italia?
Nel mio piccolo, cerco di dare testimonianza come posso. Non è sempre facile essere italiani ortodossi: sono ancora troppo poche le persone che conoscono l’Ortodossia, ed è un lavoro molto lungo. Sia io che mia moglie, anche lei italiana convertita all’Ortodossia, mostriamo senza imbarazzo il nostro modo di vivere, che ad amici, colleghi e parenti appare insolito (i periodi di digiuno e la frequenza della preghiera sono le cose che suscitano più curiosità). Crediamo che l’esempio concreto di come si possa vivere la fede sia il modo migliore per farla conoscere.
Oltre al privato, l’opportunità maggiore che ho per farlo è attraverso il mio lavoro: negli anni, infatti, ho studiato e sto ancora studiando iconografia, e ne ho fatto il mio lavoro a tempo pieno. Cerco di diffondere le icone il più possibile: organizzo corsi di iconografia, mostre, incontri e conferenze e, naturalmente, realizzo icone e affreschi su commissione. Certo, ho ancora molto da imparare. In generale, vi è un buon riscontro: le persone mostrano molta curiosità verso l’iconografia, e nella maggior parte dei casi si arriva spontaneamente a parlare dell’Ortodossia. Alcuni miei allievi, alla fine dei corsi, hanno espresso il desiderio di partecipare a una Divina Liturgia e ne sono rimasti colpiti. Penso che le sante icone possano dare un enorme contributo per ben seminare e, con l’aiuto di Dio, poter portare all’Ortodossia.
5) Se qualcuno le chiedesse di spiegare perchè la redenzione si trova nella Chiesa Ortodossa, quali sarebbero i suoi argomenti?
Nella sua prospettiva perchè la verità si trova nella Chiesa Ortodossa più di quanto si possa immaginare?
A dire la verità, molti corsisti mi pongono questa domanda; così, come prima risposta, li invito a partecipare a una Divina Liturgia mettendo da parte idee, pensieri, pregiudizi. Credo che l’esperienza diretta sia la miglior risposta e la miglior maestra. Io credo fermamente che la Chiesa Ortodossa sia la Chiesa fondata sulla roccia che è il Cristo, che nei secoli e nelle tribolazioni ha mantenuto sempre costante e viva la sua fede e la sua dottrina, senza secolarizzarsi o cedere alla tentazione di rendersi più appetibile per il mondo, ma restando salda negli insegnamenti dei Santi Padri e nella Santa Tradizione. Non vi è, e non può esservi, strada differente da questa.
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