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Interviu despre istoria Ortodoxiei italiene/Intervista sulla storia dell’Ortodossia italiana

Primit pentru publicare: 09 sept. 2016
Un interviu despre istoria Bisericii Ortodoxe Italiene (parte integranta a Ortodoxiei de rit occidental)
Petcu,TudorAutor: Tudor PETCU
Publicat: 09 sept. 2016
Redactor ediție: Cezara ROMAN
Editor: Ion ISTRATE

 

 

Interviu despre istoria Ortodoxiei italiene/Intervista sulla storia dell’Ortodossia italiana

Date fiind preocuparile mele cu privire la studierea Ortodoxiei de rit occidental, am avut ocazia sa descopar si identitatea italiana a Ortodoxiei, asa cum am descoperit-o pe cea franceza si germana. Mentionez din capul locului ca nu trebuie sa confundam Ortodoxia de rit Occidental cu prezenta anumitor comunitati ortodoxe in Occident, acestea provenind din diferite tari est-europene precum Bulgaria, Serbia, Romania sau Rusia. Ortodoxia de rit occidental presupune existenta si istoria unei Biserici Ortodoxe independenta de Ortodoxia răsăriteană si canoanele ei, dar care in credinta nu difera cu absolut nimic de ceea ce cunoastem ca fiind Ortodoxia traditionala sau orientala. De altfel, insusi Sfantul Ioan Maximovici sau Ioan de San Francisco, cinstit in Biserica Ortodoxa si cunoscut drept patron spiritual al occidentalilor ortodocsi, afirma ca este o mare eroare, chiar erezie, a crede ca pentru a fi ortodox, trebuie sa fii in acelasi timp oriental, intrucat Ortodoxia este o credinta universala care nu trebuie sa imbrace forma filetismului. Redau mai jos textul complet al interviului despre istoria Bisericii Ortodoxe Italiene (parte integranta a Ortodoxiei de rit occidental) pe care am avut ocazia sa il realizez.

Domande:


1) Prima di tutto, vorrei che Lei ci dicesse qualcosa sulla storia della Chiesa Ortodossa in Italia. Cosa è importante sapere sull’evoluzione dell’Ortodossia in Italia e qual è l’importanza della figura Metropolita Antonio De Rosso per l’Ortodossia italiana?
2) Il Metropolita Antonio è stato ordinato sacerdote cattolico romano nel 1968, ma alcuni anni più tardi si è convertito all’Ortodossia. Perche egli ha scelto di diventare ortodosso?
3) Qual è, secondo Lei, il piu importante messaggio spirituale lasciato dal Metropolita Antonio De Rosso e perché?
4) Qual e l’importanza della personalità del Metropolita Antonio De Rosso nel mondo ortodosso e quali erano i suoi rapporto con le altre Chiese Ortodosse?
5) Chi sono i santi ortodossi italiani piu importanti? Come è possibile comprendere appieno la tradizione dell’ortodossia italiana?
6) Cosa significa per Lei essere un  ortodosso italiano?
7) Cosa può dire la Chiesa Ortodossa alla societa italiana? Quali prospettive di sviluppo ci sono per l’Ortodossia in Italia nel futuro?
8) Può descrivere le relazioni tra gli ortodossi italiani e le altre Chiese Ortodosse? Quali sono i Suoi rapporti con la Chiesa Cattolica?
9) Quali libri possiamo leggere per conoscere meglio l’Ortodossia in Italia?

Risposte:


1) La Chiesa Ortodossa esiste in Italia fin dal tempo degli Apostoli: il Metropolita Antonio De Rosso, di beata memoria, non ha fatto altro che ricostituire formalmente la Chiesa Ortodossa in Italia, che era stata soppressa nel XVI secolo dal Cardinale Giulio Antonio Santori e dalla Congregatio pro Reformatione Graecorum, da lui diretta e e creata alcuni anni prima allo scopo di sottomettere all’autorità dei vescovi latini le comunità di ortodossi italiani (chiamati appunto Graeci), presenti soprattutto in Sicilia e al Sud. La storia della Chiesa Ortodossa in Italia è stata travagliata anche dopo la sua rifondazione, avvenuta nel 1991: nel giro di un paio d’anni, il Metropolita Antonio era riuscito a portare la Chiesa alle dipendenze del Patriarcato canonico di Bulgaria, ma poco dopo purtroppo la Chiesa fu coinvolta nella spaccatura verificatasi in seno all’episcopato bulgaro. Al di là di queste vicende giurisdizionali, l’importanza del Metropolita Antonio De Rosso per l’Ortodossia italiana è stata enorme, dal momento che egli ha rappresentato il primo vescovo canonico a porre la questione della necessità di una Chiesa Ortodossa italofona e aperta ai fedeli italiani.
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2) Il Metropolita Antonio alla fine degli anni Settanta ebbe una crisi che mise in discussione la sua adesione alla Chiesa Cattolica Romana: egli non riusciva ad accettare l’infallibilità del Papa come dogma di fede, dal momento che non trovava alcun riscontro nelle Scritture. Egli in quel momento aveva importanti incarichi in seno alla Conferenza Episcopale Italiana e conosceva personalmente Paolo VI, il pontefice dell’epoca. Peraltro, egli era stato ordinato sacerdote da mons. Albino Luciani (futuro Papa Giovanni Paolo I), quando era vescovo di Vittorio Veneto. Dunque, uscire dalla Chiesa Cattolica Romana significava per l’allora padre Antonio rinunciare ad una posizione di prestigio ed alla sicurezza economica: mons. De Rosso però decise di seguire la sua coscienza ed abbandonò la Chiesa latina, trovandosi da un giorno all’altro a vivere in totale povertà e costretto a bere l’acqua delle fontane di Roma per cercare di placare i morsi della fame. Poco dopo entrò in una Chiesa vetero-cattolica non legata ad Utrecht e riuscì, con l’aiuto di alcuni fedeli, a fondare a Fiumicino la Comunità ecumenica di Cristo Salvatore. Divenne vescovo vetero-cattolico, ma con la convinzione che il vero vetero-cattolicesimo fosse un’Ortodossia di rito occidentale; per questo nel 1984 fece aderire la sua comunità alla Chiesa Ortodossa, trasferendosi ad Aprilia dove fondò un nuovo monastero a Campo di Carne.

3) Il più importante messaggio spirituale del Metropolita Antonio è sintetizzato dal suo costante invito a vivere la fede in modo schietto, senza compromessi e senza ipocrisie, in modo tale da rendere credibile la testimonianza di un’Ortodossia evangelizzatrice in Occidente. Egli ripeteva sempre questo, perché spinto dalla necessità di combattere ogni forma di filetismo, di settarismo e di asserita intransigenza, persuaso che il rigore teologico e dottrinale non viene scalfito se la Chiesa rammenta di dover prima di tutto amministrare la misericordia.

4) L’importanza del Metropolita Antonio, come già detto, è di grandissimo rilievo, dato che nessuno a parte lui ha mai tentato di creare una Chiesa Ortodossa saldamente radicata nella cultura e nel patrimonio cristiano d’Italia. Egli aveva ottime relazioni con i pastori di diverse Chiese ortodosse, in primo luogo con il Patriarca Diodoro di Gerusalemme ed il suo successore Ireneo (come si vede nella foto allegata, che rietrae tutti e tre), ma anche con il Patriarca Filarete di Kiev e l’Arcivescovo Stefano di Ocrida e di tutta la Macedonia.

5) Sono santi della Chiesa Ortodossa tutti i santi italiani vissuti dal I secolo d.C. fino al 1054 ed anche alcuni santi vissuti negli anni successivi. Senza voler fare un torto ad alcuno, meritano di essere ricordati San Benedetto da Norcia e sua sorella Santa Scolastica, così come San Gregorio Magno, grande Papa ortodosso di Roma ed autore dei celebri Dialoghi. Ma occorre menzionare anche San Nilo da Rossano, monaco calabrese fedele al rito greco, nonché San Giovanni Scolarici, un prete ortodosso siciliano martirizzato nel 1544 insieme al figlio Giuseppe dai pirati musulmani, mentre cercava di portare in salvo le Sacre Specie. In particolare, la devozione a San Giovanni e San Giuseppe Scolarici si deve proprio grazie al Metropolita Antonio De Rosso, che ne riscoprì l’eroica testimonianza di fede. Per capire al meglio l’Ortodossia italiana occorre dunque tenere presente che l’Italia è stata una terra di santi ortodossi fino al 1054 e, per quanto riguarda la Sicilia e le regioni del Sud anche oltre, dato che solo nel XVI secolo la Controriforma riuscirà a sottomettere le ultime comunità ortodosse rimaste.

6) Essere un ortodosso italiano significa semplicemente essere fedele alla religione dei propri antenati e ad un patrimonio che appartiene al popolo italiano, anche se non sempre la gente è consapevole di tale retaggio. Dunque la testimonianza che noi offriamo è molto importante, dal momento che permette a molti italiani di riconnetersi con la storia di un paese che era ortodosso e rappresentava il centro dell’Ortodossia in Europa occidentale, grazie anche ad alcuni grandi Papi di Roma, che all’epoca portavano il titolo di Patriarchi d’Occidente.

7) Il nostro messaggio per la società italiana è quello di ritornare alle fede dei nostri padri, vivendola con semplicità e con la consapevolezza del ruolo che si può avere nella rievangelizzazione dell’Occidente. Ormai anche l’Italia è terra di missione e, per diventare più forti, abbiamo bisogno di sacerdoti volenterosi, con tanto zelo ed assistiti da famiglie amorevoli.

8) Le relazioni con le altre chiese ortodosse sono state talvolta rese difficili dal fatto che la maggior parte delle giurisdizioni presenti in Italia considerano l’Ortodossia alla stregua di una cappellania per stranieri e la presenza di fedeli italiani come qualcosa di sconveniente che può disturbare il Vaticano. Eppure, il Metropolita Antonio De Rosso aveva buoni rapporti con la Chiesa Cattolica Romana, che anzi, in una pubblicazione della Conferenza Episcopale Italiana lo ha lodato, parlando di un sacerdote ortodosso del Lazio che aiutava ed accoglieva gli immigrati provenienti dalla Romania. Quindi, come si vede, offrire l’assistenza religiosa agli stranieri che arrivano in Italia può andare di pari passo anche con la prospettiva di costruire un’Ortodossia italiana. Recentemente, il nostro attuale vescovo ha incontrato il Metropolita Cleopa del Patriarcato Ecumenico, che ha espresso parole molto affettuose nei nostri confronti.

9) Per conoscere meglio l’Ortodossia italiana, consiglierei un libro, che si intitola “Il Sommo Inquisitore. Giulio Antonio Santori tra autobiografia e storia”, scritto da Saverio Ricci, studioso del pensiero filosofico. Lì è possibile verificare quali e quante siano state le testimonianze coraggiose di italiani che non volevano abbandonare la fede ortodossa, aiutati da vescovi provenienti dalla Grecia che, tra tanti pericoli, venivano in Italia ad ordinare i sacerdoti ed amministrare i sacramenti. Per capire lo sforzo di rimettere in piedi un’Ortodossia italiana, occorre dunque partire da questi impavidi testimoni della fede, di cui come ortodossi italiani non possiamo che andare orgogliosi.

 



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